giovedì 23 aprile 2020

Veganismo: l'evoluzione, parte 1

Al di là delle implicazioni etiche e filosofiche sul fatto che sia migliore, per la salute umana, una dieta: onnivora, vegetariana o vegana, vorrei soffermarmi per capire cosa dice sull’argomento il mondo scientifico evitando inutili allarmismi.
Premetto che sono dell’idea che gli animali vadano rispettati e curati, sono fermamente contrario allo loro sfruttamento in allevamenti intensivi e innaturali, ma il punto è avere un’idea chiara se effettivamente gli esseri umani possano o meno mangiare la carne.
Credo che il punto di partenza sia quello evoluzionistico, andiamo quindi alle radici della nostra storia.

L’antenato comune dei primati

Risalire all’antenato comune dei primati non è cosa semplice, allo stato attuale le nostre conoscenze desumono che circa 85 - 95 milioni di anni fa, durante il Cretaceo alcuni appartenenti alla classe dei mammiferi si divisero dai Laurasiatheria formando il superordine degli Euarchontoglires da esso ebbe origine l'ordine dei primati, di cui fanno parte l’uomo e tutte le scimmie.
Nel Miocene, 18 milioni di anni fa, da appartenenti a quest'ordine, si pensa in particolare a Proconsul (ma non tutti i paleoantropologi sono d’accordo) un arboricolo e frugivoro, si diramarono le scimmie antropomorfe: Hylobatidae 18 ma (per capirci i gibboni), Orango 11 ma, Gorilla 9 ma, Scimpanzé e Bonobo 5-6 ma, riunite con l'uomo, ad eccezione dei Gibboni, nella famiglia degli Ominidi. Circa 15-20 milioni di anni fa gli ominidi continuarono a colonizzare ambienti di foresta tropicale ma iniziarono anche a frequentare le savane in cerca di cibo. Una delle ipotesi sostiene che la pressione selettiva favorì quegli individui capaci di ergersi sugli arti posteriori potendo così, ad esempio, avvistare in anticipo un predatore. Iniziò così l'evoluzione fisiologica e poi culturale di questi primati che li condusse anche ad afferrare, trasportare, scegliere cibo e altri oggetti.
Oggi, la moderna tassonomia, definisce gli ominidi la famiglia dei primati che riunisce le grandi scimmie antropomorfiche (gorilla, scimpanzé e bonobi) e gli esseri umani.
Nella figura sotto riporto quello che attualmente è il nostro albero genealogico più probabile



Allora andiamo al succo della questione, cerchiamo una risposta alle domande più comune.

Come mai i nostri più stretti parenti (gorilla, scimpanzè e bonobo) sono erbivori, noi invece siamo onnivori? 

Premettendo che tra gli scimpanzè, i bonobo e l’essere umano intercorre una divisione evoluzionistica di almeno 6 milioni di anni, la letteratura in merito smentisce che queste scimmie siano vegetariane, anzi: lo scimpanzè integra almeno il 3% della sua alimentazione con proteine animali (insetti, uccelli, uova, piccoli mammiferi e altri primati, in particolare la sua preda preferita è il colobo rosso), stessa cosa i bonobo[1]. Nei scimpanzè sono stati documentanti anche casi di cannibalismo[2-3-4], forse rituale.

Quando l’essere umano ha sviluppato una dieta onnivora?

Durante l'evoluzione, gli ominidi hanno subito una variazione degli schemi alimentari dovuti ad una molteplicità di fattori. Si rileva, addirittura che l'onnivorismo risale all'indietro nel tempo, accomunando panini (scimpanzé e bonobo) e ominini a questa dieta, differenziandoli da altre linee evolutive[5] e accertato che l’Australopithecus (4-1,9 milioni di anni fa), aveva un range alimentare del tutto simile a quello di Pan troglodytes (scimpanzè), tanto per fare un esempio. Seppur principalmente vegetariano, è provato che si nutrisse anche di altri animali, probabilmente carcasse, già dalla sottospecie Australopithecus afarensis (3,7-3 milioni di anni fa), decisamente arcaica. Questo è probabilmente dovuto al graduale passaggio all'ambiente delle savane, rispetto a quello delle foreste di origine. Tuttavia, è da sottolineare come Australopithecus avesse una dentatura più robusta rispetto a quella di Homo (parlando di molari e premolari), indice di una dieta maggiormente indicata a radici e vegetali "consistenti" rispetto alla nostra, ed ai nostri più prossimi progenitori. Durante le varie fasi della sua evoluzione. le varie specie ominini impiegavano caccia, pesca e raccolta quali fonti primarie di cibo[6], alternando ai vegetali spontanei le proteine animali, e precedendo nella storia evolutiva il reperimento di tali proteine tramite comportamenti saprofagi[7] (comportamento alimentare largamente diffuso in H. habilis). Si è provato che il genere Homo abbia usato il fuoco sin dal tempo della predominanza dalla specie Homo erectus[8] che del fuoco faceva documentato uso, probabilmente anche per preparare e cucinare cibo prima di consumarlo.
L'uso del fuoco è diventato comunque documentatamente regolare nelle specie H. sapiens e H. neanderthalensis. Si ipotizza, su basi scientifiche, che un motore evolutivo per H. erectus, il primo ominide in grado di cuocere i cibi sia stato costituito dal ricavare, con la cottura, più calorie dalla dieta, diminuire le ore dedicate all'alimentazione superando le limitazioni metaboliche che negli altri primati non hanno permesso un'encefalizzazione e uno sviluppo neuronale legato alle dimensioni del cervello in proporzione alle dimensioni corporee[9] Questo, unito ad un crescente consumo di proteine animali, documentatamente ascritto alla separazione Homo-Australopithecus, o H. habilis-H. erectus[10-11], avrebbe costituito un potente impulso evolutivo.
In conclusione, il genere Homo appare avere una dieta onnivora fin dalla sua comparsa, quindi in grado di consumare una grande varietà di materiali vegetali e animali.

La dentatura umana non permette una dieta onnivora

La nostra dentatura è molto diversa da quella degli erbivori, ma presenta anche molte caratteristiche che confermano che l'uomo è un animale onnivoro: non abbiamo denti a crescita continua, non abbiamo molari atti a triturare i vegetali, ad esempio gli erbivori hanno molari con superficie masticatoria ampia, piana, con invaginazioni dello smalto che grazie a movimenti latero-laterali della mandibola, triturano i vegetali. Nel nostro caso, nonostante la mandibola ci consenta di effettuare questi movimenti, i molari pluricuspidati ce li impediscono, nessuno "mastica" sfregando i denti i denti tra loro ma utilizziamo i movimenti laterali della mandibola solo per aggiustare la posizione del cibo tra i denti e non per la masticazione vera e propria, che avviene con movimenti verticali. I nostri incisivi, oltre ad essere a crescita determinata (non crescono all'infinito), non si sovrappongono superiori con inferiori durante l'occlusione, inoltre a livello del canino e del primo premolare, la nostra dentatura è molto adatta a tranciare un pezzo di carne, svolge, infatti, un’azione simile a quella dei denti ferini dei carnivori, ai quali difatti assomigliano.
Se invece intendiamo erbivoro nel senso di frugivoro, allora la nostra dentatura è molto utile nel mangiare frutta, esattamente come lo è nel mangiare insetti e carne. Ma se non servisse per la carne perché sarebbe così appuntita? E soprattutto, in quanto animali onnivori, perché il fatto che sia adatta all’assunzione della frutta dovrebbe escludere l’assunzione della carne? Seguendo questo ragionamento, non solo non saremmo onnivori noi ma non esisterebbe nessun onnivoro sulla Terra.
Volendo essere puntigliosi, si può aggiungere che i nostri molari sono pluricuspidati e sono decisamente più simili a quelli dei carnivori e degli onnivori che a quelli di qualsiasi erbivoro. Primati esclusi, tra gli animali domestici, quello con la dentatura più simile alla nostra è il maiale, guarda caso un onnivoro.
In ogni caso solo l'onnivorità può giustificare una dentatura completa e soprattutto così polifunzionale come quella dell'uomo. In ortodonzia infatti si definisce la dentatura umana come non specializzata appunto caratteristica si una specie onnivora. Infine, dopo la scoperta del fuoco, l’abitudine di cuocere i cibi sembra aver favorito la riduzione dei canini[12].

Il nostro metabolismo non permette di digerire la carne.

Uno dei punti cruciali è la mancanza dell’enzima urato ossidasi (o uricasi): la mancanza di questo enzima nei primati (in tutti i primati), tuttavia, non ha alcuna rilevanza, è, infatti, una caratteristica peculiare di questo ordine (infatti, manca in tutti i primati: sia frugivori che onnivori). Questo enzima serve a degradare l'acido urico prodotto dal catabolismo delle purine e, tolti i primati e qualche altra eccezione (per esempio nel cane Dalmata l'urato ossidasi ha un'attività estremamente ridotta rispetto agli altri animali) , lo hanno tutti i mammiferi: i carnivori, gli onnivori e gli erbivori (lo ha il gatto, lo ha il maiale, lo ha il bovino).
Nei primati il gene che codifica per l'urato ossidasi è stato disattivato da due mutazioni (risalenti all'incirca al miocene) favorite poi dalla selezione, molto probabilmente, per il vantaggio di poter sfruttare il potere riducente dell'acido urico, proteggendosi così dall'azione dei radicali liberi, diminuendo, tra le altre cose, l'incidenza dei tumori.
Altro punto è l'incapacità dell'uomo di metabolizzare le ptomaine. L’uomo non può, infatti, metabolizzare: cadaverina e putrescina,
La cadaverina, presente ad esempio in urine e sperma umani, è prodotta normalmente in ognuna delle nostre cellule per diversi motivi: ad esempio è un importantissimo fattore che media diverse tappe della divisione cellulare e della sintesi proteica, deriva dalla decarbossilazione dell’amminoacido lisina, contenuto in grandi quantità nella carne, nel latte, nelle uova e, parimenti, come tanto decantato dagli stessi vegetariani, nei legumi. Quindi se volete evitare la bassissima tossicità della cadaverina non mangiate i legumi, niente fagioli, niente tofu, in sostanza: niente proteine! La putrescina, analogamente alla cadaverina, è una sostanza normalmente prodotta dal nostro organismo, sintetizzata a partire dall’ornitina ed utilizzata per produrre spermina, normalmente presente nel nucleo e nei ribosomi di qualsiasi cellula eucariotica. La putrescina viene altresì prodotta, ad esempio, nel tessuto nervoso dopo una crisi epilettica, per poi essere convertita in GABA (un neurotrasmettitore) per proteggere il cervello da crisi successive, contrastandone un’immediata insorgenza. La putrescina deriva dalla degradazione delle proteine, precisamente dalla decarbossilazione di ornitina e arginina, che si trovano in tutte le proteine animali e vegetali e anche in forma libera (anche nelle piante), se volete evitare anche la tossicità della putrescina non mangiate proteine, né animali, né vegetali[12].
Come vedete, né la putrescina, né la cadaverina, sono questi terribili veleni. 

L’intestino umano è troppo lungo


La lunghezza intestinale dell'uomo è la stessa degli animali onnivori. L'affermazione per cui il nostro intestino sarebbe troppo lungo e quindi inadatto ad ospitare la carne, in quanto andrebbe in putrefazione soggiornandovi per troppo tempo, è priva di ogni fondamento.
Il nostro intestino tenue infatti è lungo dagli 8 ai 9 metri: qui il cibo viene demolito e ridotto a sostanze più semplici per essere assorbite. Quindi passa nell’intestino crasso, che è lungo 2 metri, dove il cibo fermenta e imputridisce, andando a formare l’importantissima microflora batterica intestinale. In questo tratto non solo la carne, ma anche la frutta e la verdura subiscono la stessa sorte, ed è un processo del tutto naturale e necessario per la formazione dei batteri simbionti.
Inoltre, ricordiamo che non siamo in grado di digerire la fibra e la cellulosa, come invece fanno gli erbivori, che a questo proposito sono dotati di più stomaci.
Dunque, anche che i carnivori abbiano l’intestino corto per permettere alla carne di restare in circolo il meno possibile non trova alcun riscontro scientifico. Infatti, il mammifero che ha l’intestino più lungo è il leone marino, che è carnivoro, mentre la salpa, che è un pesce, è l’animale che ha l’intestino più lungo, ed è onnivoro. La lunghezza intestinale non è quindi un buon criterio per la distinzione tra carnivori, erbivori e onnivori.

E qui per adesso mi fermo, in conclusione nulla della fisiologia umana sembra dimostrare che l’uomo non sia onnivoro, ma anzi questo adattamento abbia contribuito in maniera fondamentale al suo sviluppo.


Bibliografia
  1. https://web.archive.org/web/20130723063336/http://library.sandiegozoo.org/factsheets/bonobo/bonobo.htm#6 
  2. Leonardo Ambasciano, Sciamanesimo senza sciamanesimo: Le radici intellettuali del modello sciamanico di Mircea Eliade: evoluzionismo, psicanalisi, te(le)ologia, Edizioni Nuova Cultura, 2014, pag. 158.
  3. http://www.lescienze.it/news/2010/04/27/news/il_senso_della_morte_negli_scimpanze_-556262/
  4. https://www.repubblica.it/ambiente/2017/02/10/news/la_rivolta_degli_scimpanze_contro_il_tiranno_saddam_raro_caso_di_omicidio_e_cannibalismo_fra_primati-158005626/ 
  5. Haenel H, Phylogenesis and nutrition, in Nahrung, vol. 33, nº 9, 1989, pp. 867–87, PMID 2697806. 
  6. F. W. Marlowe, Hunter-gatherers and human evolution, in Evolutionary Anthropology: Issues, News, and Reviews, vol. 14, nº 2, 2005, pp. 54–67. 
  7. Bramble DM, Lieberman DE, Endurance running and the evolution of Homo(PDF), in Nature, vol. 432, nº 7015, novembre 2004, pp. 345–52. 
  8. Francesco Berna, Paul Goldberg, Liora Kolska Horwitz, James Brink, Sharon Holt, Marion Bamford,and Michael Chazan; PNAS Plus: Microstratigraphic evidence of in situ fire in the Acheulean strata of Wonderwerk Cave, Northern Cape province, South Africa PNAS 2012 109 (20) E1215–E1220; published ahead of print April 2, 2012, doi:10.1073/pnas.1117620109.
  9. Ungar, Peter S. Dental topography and diets of Australopithecus afarensis and early Homo. Journal of Human Evolution, 46: 605-622, 2004. 
  10. https://www.newscientist.com/article/dn4122-meat-eating-is-an-old-human-habit/?ignored=irrelevant 
  11. https://archive.archaeology.org/9707/newsbriefs/squash.html
  12. https://www.forumsalute.it/community/forum_78_odontoiatria_generale_e_ortodonzia/thrd_214909_la_dentatura_umana_1.html 











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